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Porcini & Co. – 5 errori che facciamo spesso

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Se c’è una cosa che mi salva dalla malinconia dell’estate che volge al termine è l’arrivo dei funghi spontanei.

Il poker di stagione è formato da porcini, finferli (detti anche gallinacci o cantarelli), ovoli e chiodini.

Varietà che si trovano facilmente anche nei mercati cittadini e che è un piacere poter maneggiare nella propria cucina, per piatti sopraffini tanto più prelibati per il fatto che si possono gustare solo una manciata di settimane all’anno.

Un’occasione rara, dunque, da non sciupare commettendo i 5 errori, al solito imperdonabili, che vado a elencare.

1. Raccoglierli a caso: parte prima

funghi cestino

Per la mia natura prudente, vorrei parlarvi solo di quel che comprate perché la raccolta dei funghi, e il successivo consumo (vedi punto 2), sono materie irte di insidie.

Siccome so che molti di voi, al contrario, adorano passeggiare nei boschi in cerca di boleti e gallinacci, vi metto in guardia dal farlo impreparati.

La raccolta dei funghi spontanei non si può fare a caso.

Tutte le regioni obbligano il cercatore, anche amatoriale, al possesso di un tesserino o patentino che dir si voglia, pongono limiti di quantità (in genere, intorno ai tre chili a persona) e stabiliscono il calibro minimo degli esemplari che si possono asportare, specie per specie. Chi non segue le normative rischia sanzioni salate.

Qui trovate i regolamenti regionali: io vi consiglio di non ignorarli.

2. Raccoglierli a caso: parte seconda

ovoli

Siete in vacanza in montagna. Ieri è piovuto, oggi è una magnifica giornata di sole. Il cucinotto del miniappartamento in affitto sembra invitarvi a usarlo: cosa c’è di meglio che una bella polenta e funghi?

E via, armatevi di ceste (lo sapete, sì, che i funghi devono essere riposti in ceste, così durante il trasporto spargono le spore in giro per il bosco) e partite.

Al vostro rientro, però, non precipitatevi ai fornelli ma, soprattutto se siete alle prime armi, fate un salto al centro micologico locale (al solito, informatevi: per esempio presso la Asl) per far controllare da un esperto che quel che avete raccolto sia commestibile.

Inutile ricordarvi che ogni anno le cronache sono costellate da casi più o meno gravi di avvelenamento. Quasi tutte le specie eduli (esclusi forse solo i finferli) possono essere facilmente confuse con altre tossiche: può succedere con russule, vesce, mazze di tamburo e persino porcini.

Non fidatevi di foto, immagini in rete, impressioni personali, consigli di un vecchietto che passava di lì o, peggio ancora, leggende e dicerie. Tipo che se il fungo è mangiucchiato da qualche animaletto del bosco, significa che non è velenoso.

A meno che non siate davvero esperti, affidatevi a chi può darvi un responso sicuro.

3. Comprarli a caso

funghi, coltello
E veniamo al più rassicurante caso in cui, per fare incetta di funghi, vi rechiate dall’ortolano, al mercato o al super.

Anche nell’acquisto ci sono tranelli da evitare.

Molti dei funghi che trovate in commercio in città arrivano dall’Est Europa: Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovenia.

C’è da preoccuparsi? Sì e no. Certo, per arrivare in negozio a Milano un cestino di cantarelli altoatesini avrà fatto meno strada del suo omologo polacco, e i funghi deperiscono rapidamente, oltre a perdere profumo man mano che il tempo passa.

Ma ecco che avete la soluzione a portata di mano: annusare il profumo. Se è intenso, di bosco, fresco e “umido” (per quanto possa apparire “umido” un aroma!), state facendo un buon acquisto, a prescindere dalla provenienza.

Altro segnale da non sottovalutare è la compattezza: gambi o cappelli grinzosi e asciutti sono da scartare, così come quelli che presentino ampie parti mollicce e marciumi vari.

Piccole rosicchiature qua e là sono fisiologiche, ma se i morsi sono grandi e numerosi meglio lasciar stare.

Infine, badate a quel che c’è sotto, soprattutto se comprate vaschette confezionate che in cima mostrano begli esemplari grossi e intatti, sotto celano briciole e gambi.

Se la confezione è nel cellophane, non deve esserci eccessiva condensa all’interno, comunque sempre meglio acquistare funghi sfusi o avvolti in retine.

Infine, diffidate dei funghi molto sporchi. Se non altro perché pulirli è sempre abbastanza noioso, come vado a spiegarvi al punto 4.

4. Pulirli male

funghi spontanei

Il terriccio è il nemico perché, se non lo eliminate bene, ve lo ritrovate nel piatto. Il fastidio sarà lo stesso della sabbia nelle vongole: un sinistro scricchiolio sotto i denti, oltre a un antipatico gusto fango.

Quello alla base dei gambi si raschia con un coltellino tenendo la mano molto leggera. Se abbondante, meglio scorciare i gambi, operazione peraltro necessaria con alcune specie, come finferli di grandi dimensioni e chiodini, che possono avere la parte finale fibrosa e dura.

I cappelli si puliscono passandoli delicatamente con un panno o con carta da cucina inumiditi. Potete anche spazzolarli con uno spazzolino a setole morbidissime (tipo uno spazzolino da denti per neonati).

Solo in casi estremi (per esempio, terriccio fra le lamelle) potete sciacquare rapidamente i funghi passandoli sotto un filo (ma un filo davvero) di acqua corrente fredda.

Vietato metterli a bagno: i funghi sono come spugne, si impregnano d’acqua e perdono sapore. Fra l’altro, in cottura rilasceranno abbondante liquido di loro: sono composti d’acqua per più del 90% ed è meglio non incrementare questa percentuale lasciandogli assorbire quella dell’ammollo.

5. Cuocerli troppo

funghi cottura

Ovoli e porcini, deliziosi crudi (soprattutto i primi, vera leccornia da gourmand), se sottoposti a cottura devono stare in padella solo pochi minuti. Il tegame ben caldo e la fiamma alta permetteranno di rosolarli senza che l’acqua di cui al punto precedente crei un laghetto in cui i nostri crogiolerebbero lessandosi e risultando mollicci.

I cappelli dei boleti sono ottimi anche passati sulla piastra caldissima oppure impanati e fritti, ricetta perfetta anche per vesce e mazze di tamburo.

Un po’ più lunga, e a calore più dolce, la cottura dei finferli e dei chiodini, che in genere si cucinano in umido per una quindicina di minuti o poco più.

Se volete fare un risotto coi funghi, non vi venga in mente di metterli in casseruola sin dall’inizio: cuocerebbero troppo risultando gommosi.

Nel caso dei porcini, saltateli nella pentola, teneteli da parte, preparate nello stesso recipiente il risotto e riuniteli negli ultimi 2-3 minuti. Oppure, fate un risotto bianco e mantecatelo alla fine con un sugo di gallinacci.

Ricordate, infine, che più li lasciate al naturale meglio è. Un pizzico di erbe (timo, alloro, prezzemolo, salvia, rosmarino), uno spicchietto d’aglio, poco pomodoro per “tocchi” e intingoli in umido sono tutto quel che serve per esaltare il profumo del bosco, senza coprirlo.


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